UN PRIGIONIERO IN FUGA. STORIA DI CINQUE EVASIONI
di Ian Reid; a cura di Tommaso Rossi; traduzione di Irene Artegiani
Foligno: Editoriale umbra; Perugia: Isuc, 2019

Ian Reid, capitano nel reggimento “Black Watch”, insigne unità scozzese dell’esercito britannico, non ha ancora 28 anni quando viene ferito e fatto prigioniero in Tunisia, nell’ultimo mese di scontri in Africa settentrionale fra le truppe alleate e quelle dell’Asse. La detenzione la trascorre in Emilia, fra un ospedale per prigionieri di guerra nei pressi di Bologna e il campo di Modena, ed è lì che lo coglie l’armistizio. Dopo qualche giorno transitorio, mentre intorno si manifesta lo sfascio e inizia a farsi sentire la soverchiante egemonia tedesca, decide di fuggire, con l’intenzione di raggiungere il fronte e ricongiungersi con le sue truppe. Quella che sarebbe, comunque, stata un’avventura, si concretizza in una straordinaria esperienza di fughe e nascondigli, compagni che si perdono e si ritrovano, ricatture e altrettante evasioni. Sette mesi in cui la sua vita è nelle mani di decine di uomini e donne, giovani e anziani, che, in uno spazio che scende dall’Appennino tosco-emiliano fino a cime e valli sul confine confine tra Lazio e Abruzzo, lo guidano, proteggono, ospitano, nutrono e quando necessario curano. In questo splendido affresco che ci lascia di tutte le virtù dell’Italia contadina di allora, esattamente dodici mesi dopo la cattura in Africa spunta il tradimento, l’unico, ma decisivo. È il preludio alla deportazione in Germania, altri undici mesi durante i quali, fra rischi che paiono crescere progressivamente con l’avvicinarsi della liberazione, riesce a ricostruire e definire questo testo, pubblicato per la prima volta a Londra nel 1947.È questo invece il suo esordio in Italia, anche se oltre sessant’anni fa ne era già pronta una traduzione; qualcuno fece però in modo che non venisse divulgata. Pur non essendo ancora in grado di chiarirne le ragioni e i responsabili, in questo modo possiamo almeno rendere giustizia postuma alla volontà di uomo, che sentiva di dover assolutamente saldare il suo debito di riconoscenza verso l’Italia e gli italiani, che gli avevano salvato la vita.

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